lunedì 23 febbraio 2015

The story so far- il Cigno Nero

“Gattino persiano” cominciò timidamente....”Vorresti dirmi che strada devo prendere, per favore?”
“Dipende, in genere, da dove vuoi andare” rispose saggiamente il Gatto.
“Dove, non mi importa molto” disse Alice.
“Allora qualsiasi strada va bene” disse il Gatto.

tratto da Alice nel paese delle Meraviglie, di Lewis Carroll

Ciao a tutti! Sì, lo so, sono stata moolto cattiva: vi ho lasciati con il fiato in sospeso, con una domanda, un punto interrogativo fisso, insomma ho messo un po' di sana suspense in gioco.
L'ho fatto sia perché volevo che il primo post, fosse qualcosa di particolare, che rispecchiasse il più possibile le mie caratteristiche e che non vi bombardasse con troppe informazioni (vi distruggo i timpani già abbastanza a scuola o quando usciamo, ci manca solo che vi rompa anche qui!), sia perché non ci sarebbe stato abbastanza spazio in un unico post per scrivere tutto. Perché questo qualcosa che mi ha cambiato la vita, scatenando una serie di reazioni a catena, è per me un evento, anche se apparentemente piccolo e insignificante, di grandezza epocale! Insomma ha cambiato la mia vita e quindi non potevo affrontarlo in due parole, ci voleva un post tutto per lui....Ed eccolo qua, il post che stavate aspettando (almeno spero), con tutto quello che volevate sapere (almeno in parte)...il post sul Cigno Nero!

N. B.: In realtà questo sarà solo il primo dei miei “the story so far” post (che, tradotto dall'inglese, vuol dire “la storia fino ad ora”), insomma una serie di post, dove risponderò ad un sacco di domande: Cosa mi è successo finora? Come ci sono arrivata qua? Chi o cos'è stato il mio Cigno Nero?!

N. B. bis: Ciò che riporterò di seguito è stato preso da una specie di diario, che scrivo io, ogni tanto, sulle cose importanti, quindi ho deciso di lasciare la dicitura classica del diario (data, introduzione, argomento, conclusione/saluti, firma).
Ho fatto anche qualche aggiunta per vivacizzare un po' la cosa, queste aggiunte saranno in carattere normale, mentre il diario lo riporto con il corsivo.

N. B. bis bis: Chi mi conosce sa che amo i P. S. (post scriptum) e che li uso sempre, qui non posso usare i P.S., rimedio con i Nota Bene....[Comunque sì lo faccio apposta a metterne così tanti, e sì sono proprio fatta così, mezza matta e psicopatica, non è che faccio finta solo per avere più visualizzazioni (anche perché, per quel che ne so io, per ora, mi seguono solo i miei, e quei cinque/sei poveretti dei miei migliori amici -no, non li ho assolutamente costretti a farlo-)]

venerdì 21 novembre 2014

I can't belive it! Ancora non ci posso credere di essere arrivata fino a qui e di poter veramente scrivere quello che sto scrivendo...è tutto così terribilmente assurdo!! Bhe' sì, è successo tutto così in fretta, prima mamma me ne ha parlato, poi ho iniziato a sognarlo, poi finalmente ho potuto partecipareequindipoimisonoiscrittaepoihofattoleselzionieoggihofattoicolloquiindividualieèstatobellissimissimoe...oh my god!!
Sì, lo so, non hai capito assolutamente nulla. Ormai ci sarai abituato, ogni volta che mi agito o mi infervoro particolarmente per qualcosa, inizio a parlare supermega velocemetissimamente e non si capisce più nulla! (per voi che leggete il blog e che non mi conoscete aggiungo questa chicca, perché altrimenti non rendo l'idea....a volte, parlo molto veloce, ma proprio tanto, talmente tanto che mi è già capitato tre/ quattro volte di essere fermata da gente che guardandomi ammirata chiedeva “Ma, hai mai pensato di fare rap? No, seriamente, secondo me hai un grande potenziale! Sì, sì, hai un futuro come rapper...” sì, l'hanno fatto per davvero. Ah, poi ce n'è ho anche un'altra, ma è più una stupidaggine fra amici che altro, comunque, a volte parlo talmente veloce che Vale, un mio amico pianista, mette su il metronomo nel cellulare-si è scaricato l'app, ovviamente- per vedere a quale velocità sto parlando...che stupido!) Quindi ora scusami, mi calmo e ti rispiego tutto dall'inizio, già...l'inizio...è stato così poco tempo fa?! A me sembrano passati secoli da allora! In ogni caso era l'inizio dell'anno scolastico nel lontano 2014 (in pratica lo scorso settembre, insomma un paio di mesi fa)....

Mi ricordo ancora molto bene, come se fosse successo ieri, quando mamma ha portato a casa il plico rosso acceso dei Programmi di Intercultura. È tornata a casa dal lavoro e lo ha appoggiato lì, sul tavolo del soggiorno. Un oggetto così piccolo e insignificante eppure così forte e potente...ha subito assorbito tutta la mia attenzione, non riuscivo proprio a staccargli gli occhi di dosso (stile Gollum e l'anello ne “Il signori degli anelli” di Tolkien). Alla fine la curiosità ha avuto la meglio e, abbandonato il libro di greco sul divano, mi sono alzata e l'ho preso in mano.
Dopo averlo osservato per qualche secondo, ho deciso, ignara di tutto, senza sapere che sarebbe stata il mio Cigno Nero, che mi avrebbe cambiato la vita per sempre, di fare un'azione semplice e banale...Eh sì, mi sono fatta coraggio, ho riposto tutte le mie forze nelle mani e...ho sfogliato la prima pagina!
Quello che ho trovato dentro quel piccolo fascicolo è impossibile da spiegare, perché vi ho trovato il mondo! Paesi, culture, persone, piatti nuovi e mai sentiti, luoghi misteriosi e mozzafiato...tutti da scoprire e da esplorare, bastava un concorso...come potevo resistere?! Non potevo...

Nei giorni successivi il pensiero di quanto avevo scoperto, di quel mondo così vicino eppure così lontano, di quell'opportunità speciale, mi tormentava. Non riuscivo a pensare ad altro, era quello che avevo sempre desiderato: viaggiare, scoprire mondi nuovi, esplorare nuovi universi, andare lontanissimo, per poter trovare me stessa, per capire chi sono e a che cavolo ci faccio qui sulla Terra (sì, insomma le classiche domande leggerine che uno si fa con gli amici al bar, tra un bicchierino e l'altro)...
Volevo farlo, dovevo farlo, assolutamente, ma...come chiederlo ai miei?! Era una cosa che richiedeva impegno, soldi, e io ho anche la scuola (che non va sempre benissimo) di cui devo preoccuparmi...ma sopratutto come dire ai miei che vorrei fare un'esperienza di studio ospite in una famiglia all'estero?! Per quanto i miei siano persone molto democratiche, disponibile e aperte, mi sembrava una richiesta importante, da fare con calma, per quale bisognava prepararsi bene e documentarsi prima accuratamente in modo da girare un po' attorno alla cosa, presentare e sottolineare gli aspetti positivi, ecc. (insomma fare tutte quelle cose che fate anche voi quando dovete convincere i vostri genitori a lasciarvi ad una festa fino a tardi o che il 2 in mate non è colpa vostra, ma la verifica è andata male per tutti!!). Quindi mi sono documentata per benino: dopo aver consumato le pagine del fascicolo illustrativo a furia di sfogliarle, ho cercato informazioni su internet, dove ho trovato il fantastico sito di Intercultura con tutte le informazioni e le indicazioni per le iscrizioni (http://www.intercultura.it/ ), poi ho cercato alcune testimonianze di ragazzi che avevano già fatto un'esperienza del genere. E poi una domenica, dopo pranzo, mentre mia sorella era di sopra, sono andata giù dai miei, in cucina, e mostrando tutti i documenti e i dati che ero riuscita a trovare ho iniziato ad esporre la mia posizione, diciamo in modo piuttosto convincente: “ciao genitori...ehm...sentite...ehm...io volevo dire, sì insomma chiedere, ehm...quella cosa che la mamma ehm...ha lasciato sul tavolo l'altro giorno ehm...” sì, va bene, d'accordo, non ho iniziato in modo così convincente, però almeno un pochino convincente lo era, dai un pochettino ino ino. No eh?! Va bene, va bene. Non era per niente convincente. E comunque non mi è servito a nulla, perché i miei si sono girati e hanno detto “ah, già, ci siamo dimenticati di chiedertelo, un'amica della mamma le ha detto che c'è questo concorso per andare a studiare all'estero, ti andrebbe di partecipare?!”. Pensiero uno: “dirlo prima no, eh?! Che facevo meno fatica!”Pensiero due: “non vi ho mai amati tanto come in questo momento!”
Ah, ovviamente ho detto di sì!

Così un paio di settimane dopo ero iscritta al concorso e aspettavo nuove informazioni. Dopo la chiusura delle iscrizioni, attorno al dieci di novembre circa (la mia memoria va sempre Oltre Ogni Previsione- chi è fan di Harry Potter capirà!), mi è poi arrivata una mail, di cui metterò anche la foto qui sotto:

Nella mail, in sintesi, mi informavano che il 19 Novembre ci sarebbe stato, in un liceo di Cesena, il test di idoneità per poter poi partecipare al concorso vero e proprio. Il test mi avrebbe impegnato tutto il pomeriggio, dalle 14.00 alle 18.00 circa, ed io...io non sapevo proprio come fare o cosa pensare! Non avevo mai fatto un test del genere e non avevo idea di cosa aspettarmi, però ero più emozionata che spaventata (o forse ero ancora sconvolta dalla reazione dei miei alla richiesta di partecipare al concorso per poter essere terrorizzata). Infatti, per un test del genere non puoi fare nulla, né studiare, né prepararti, solo essere te stessa e dare il meglio di te (diciamo che a me questo preoccupa un bel po' di solito, mi faccio mille complessi tipo: e se non sono adatta? E se non sono in grado? Se non sono abbastanza? Però questa volta, come ripeto, l'ansia non ce l'avevo; non prima di arrivare a Cesena, per lo meno).
Così, il 19 mi sono presentata a Cesena con mio padre, quello con cui vado più d'accordo tra i miei genitori -anche se, ovviamente, voglio bene ad entrambi!- e sono entrata nella scuola.
Era piena di gente, ragazzi e ragazze della mia età, con genitori, parenti, amici e fratelli. Erano tutti lì per fare la prova. Erano tutti lì per vincere. E io non avevo scampo. Non potevo essere migliore di tutti loro. Ecco, lì mi ha assalita l'angoscia. È partita da giù, dal basso ventre, e poi saliva, saliva, saliva, e più saliva più diventava pesante e insostenibile. Ma il peggio è stato quando ci hanno divisi, papà è stato indirizzato verso l'auditorium (dove avrebbe assistito alla spiegazione su come compilare il fascicolo assieme agli altri genitori), mentre io sono stata mandata verso un'altra direzione...ho percorso un lungo corridoio, poi ho seguito un po' le indicazioni sulle porte, un po' ho chiesto ai volontari che sorridevano disponibili (come se fossimo al luna-park! Ma non lo sapevano che io stavo andando in guerra!?!) e mi sono ritrovata, non so bene ancora come, davanti a due porte: in una c'era scritto “Ravenna”, nell'altra “Cesena”.

Quando ho varcato la soglia della mia porta non ci potevo credere! Ormai scoppiavo a ridere! C'erano un sacco di persone che conoscevo! Quattro ragazzi/e degli scout, un paio che avevano fatto le elementari con me, altri due o tre li conoscevo per altri motivi (amici di amici) e poi un altro paio li avevo già intravisti da qualche parte...alla fine quelli sconosciuti si contavano sulle dita di E.T.!!Li ho salutati felice e finalmente l'ansia se n'è andata, lasciando il posto a un po' di sana preoccupazione, ma soprattutto alla certezza di avere un po' più di possibilità di riuscita.
Ho preso il mio posto (un banco a caso, vicino ai miei amici, per poter chiacchierare un po') e dopo un po' sono entrate alcune persone che si sono presentate: alcuni erano dipendenti dell'associazione, altri volontari, altri ancora erano studenti che avevano fatto quell'esperienza e che ora aiutavano dove ce n'era bisogno.
In ogni caso ci hanno spiegato brevemente cosa saremmo andati a fare e ci hanno consegnato la busta con il test....è stato uno dei test più assurdi della mia vita! È l'unico e il solo aggettivo che riesce a descrivere perfettamente le emozioni che provavo mentre lo facevo...
In ogni caso, senza che neanche me l'accorgessi, dal banco mi sono trovata in macchina con mio babbo accanto e con in mano un biglietto (qui a lato, nella foto) con su scritto ora, luogo e data del mio colloquio individuale con le ragazze del mio centro locale di Intercultura.
Eh sì, avete letto bene, colloquio individuale, per quello sì che c'è d'aver paura! Comunque di questo colloquio che, per inciso, si è tenuto proprio oggi pomeriggio, parleremo dopo...
Infatti volevo prima terminare di raccontare quello che è successo a mio padre, mentre io facevo il test. Alcuni volontari gli hanno spiegato che, se passo il test, si può partecipare al concorso vero e proprio e, per farlo, bisogna compilare il Fascicolo. Non ho capito ancora bene cosa sia, ma so che è una cosa lunghissima e complicatissima (e avremo solo due settimane e mezzo per farlo!!), con un pezzo online e un altro pezzo da fare in cartaceo...insomma, papà è rimasto talmente sconvolto dalla complessità del Fascicolo che non prende più la cosa così tanto alla leggera, non ha più così tanta voglia di farmi partecipare (pensate che ha addirittura iniziato con frasi del tipo: “ma sei sicura? Guarda che costa tanto, che è una cosa impegnativa e complicata, che ahi anche la scuola...e bla bla bla)!! Ah, ma io non mi sono fatta mica scoraggiare da così poco, anche perché finché non si saprà se ho passato il test d'idoneità o no, non si saprà se potrò inviare la domanda o no, e quindi è inutile farsi problemi per nulla. In ogni caso, ora, come ho accennato poco fa, arrivava un problema ben più grande...

Il colloquio individuale
Per me non è mai stato un problema parlare o comunicare con le persone. E sono anche piuttosto brava a dire le cose giuste al momento giusto e ad adattare il mio linguaggio alla situazione in cui mi trovo, ma non ho mai dovuto seriamente controllare o fare attenzione a tutto ciò che dicevo...mi sembrava di essere un imputato e di dover fare un processo...comunque non potevo sbagliare proprio qui ed ora, il colloquio serve per far capire alle volontarie che tipo è il ragazzo e per aiutarlo quindi a prendere la scelta giusta sulla scelta del programma (estivo, bimestrale, trimestrale, semestrale, annuale) e quindi non posso mandare tutto all'aria, non posso fallire, devo rischiare, scendere in campo, giocare il tutto per tutto.

Questo è il mantra che mi ripetevo da un paio di giorni, fino a che, oggi, non potevo più sopportare l'ansia e la preoccupazione, alla fine io e la mamma (questa volta mi ha accompagnata lei, gliel'ho chiesto io, perché per i mostri che fanno paura solo la mamma può fare qualcosa! -sì, lo so, abbastanza infantile e patetico, ma sinceramente preferisco aver paura di un colloquio per un concorso, che di ragnetti o docili cavallette-), siamo partite con largo anticipo e siamo andate là a piedi, perché fa troppo freddo e c'è troppa nebbia per poter usare la bici e la macchina ce l'aveva papà. Insomma siamo arrivate là che ce n'erano ancora un bel po' davanti a me, quindi mi sono messa il più lontano possibile da tutti, in una sala d'attesa più piccola e vuota, e ho iniziato a massaggiare freneticamente con le mie amiche...(non so se vi ricordate, Giuly, Mary e Ila!? Quanto ero terrorizzata?!?) Chi vedeva la scena da fuori, vedeva una normalissima ragazza seduta compostamente su una poltrona in una sala d'attesa che giocava tranquillamente col telefono e invece....avrei voluto urlare! Ogni secondo che passava era più lungo di quello prima (mi sembrava di star partecipando ad un'ora di lezione, ma la campanella non arrivava mai- non faccio nomi di prof. perché alcuni di questi sono piuttosto pratici di computer, siti e blog, nevvero ragazzi?!).
Alla fine, miracolosamente, è arrivato il mio turno, ho scritto che entravo alle mie amiche, mi sono alzata, ho salutato la mamma (che mi ha lanciato uno di quegli sguardi e di quei sorrisi che ti danno la carica, quella convinzione e sicurezza, quella totale fiducia che hanno in te in quel momento, perché loro lo sanno, lo sanno che andrai bene e che ce la farai!) e sono entrata. Erano in tre, due delle quali le avevo già viste a Cesena e la terza era una ragazza che aveva fatto un'esperienza con l'associazione pochi anni prima e che aiutava le altre nelle decisioni, e mi sono venute incontro per stringermi la mano. Poi mi hanno fatta accomodare su una poltrona, di fronte a loro, dall'altra parte di lungo tavolo, mi hanno sorriso e....Le domande sono arrivate una dopo l'altra, io le prendevo, le assaporavo, e poi decidevo come condire la mia risposta, che gusti darle, come allungarla, come parlare di quanto amassi viaggiare e di quanto desiderassi partecipare a quel concorso, ma non ero io a rispondere, o almeno non credo, perché mi vedevo al contempo da dentro e da fuori era...come essere sospesi in una bolla extratemporale...
Dopo circa cinque/dieci minuti, forse di più non so, a me sono parsi pochi secondi, una di loro mi ha chiesto: “ Bene Arianna, parliamo del programma che hai scelto, il bimestrale, cosa ti ha spinto a fare questa scelta?!”.
Ho la mia voce che rispondeva:“Bhe' ho scelto questo programma perché si svolge nel periodo estivo e così non perdo la scuola, perché facendo il classico e non andando benissimo in greco e latino, perdere dei mesi, sarebbe veramente un problema.”
Ah, perché noi pesiamo che tu possa fare qualcosa di più, un programma più lungo e complesso.” ha risposto la volontaria con cui stavo parlando) il mio cuore a perso un colpo “Sì, infatti sei la migliore delle nostre candidate, la più adatta, sia come carattere, infatti noi non ti abbiamo dovuto chiedere nulla, hai detto tutto da sola, sia perché vuoi fare quest'esperienza esattamente come va fatta, veramente complimenti.” (ha aggiunto l'altra volontaria) il mio cuore ha perso un altro paio di battiti “Appunto. Senti, te lo dico proprio francamente, come amica, io ho avuto la possibilità di fare entrambi i programmi, un anno il bimestrale in Australia e poi l'annuale ad Hong Kong, e non c'è paragone. Dopo due mesi di esperienza sì, mi ero divertita, sì avevo migliorato un po' l'inglese e avevo stretto qualche amicizia e affetto, ma è durato troppo poco. Non ho fatto in tempo ad arrivare e ad abituarmi a stare lì, che già dovevo tornare a casa. Fare la bimestrale è una cosa incompleta, la può fare chi non è tanto bravo, ma tu, tu devi fare di più, tu ti meriti di fare l'annuale” (ha detto la ragazza) ecco, il colpo di grazia, mi aveva stesa, ma con quel briciolo di forza che mi era rimasta, non so da dove, mi è uscito un: “Ma con la scuola come faccio?”
La ragazza mi ha guardata e ha sorriso: “ Quanto avevi di media l'anno scorso” io ho risposto “8” “Ma allora!” ha replicato lei “Sì, ma in greco e latino, non vado tanto bene, e poi come faccio!?” ho provato a contestare timidamente “Non te l'ha detto quel tuo amico che ha già fatto l'esperienza di mandarlo a fan culo greco e latino!”



Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip morta.
 Mi avevano spiazzata completamente! Io ero andata lì per convincere delle persone che valevo qualcosina e che volevo davvero fare quell'esperienza e loro mi hanno riempita di complimenti e di buone parole, mi hanno spronata e incoraggiata a fare quello che avrei voluto fare sin dall'inizio, sin dal mio primo incontro col Cigno Nero, ma che non avevo mai avuto il coraggio di ammettere. Non ce l'avrei mai fatta a fare l'annuale. Non sono abbastanza. E invece ora, delle persone che da anni aiutano i ragazzi a scegliere i loro programmi mi vengono a dire non solo che potrei farcela, ma che lo devo fare, assolutamente, perché me lo merito.
I ricordi degli ultimi istanti lì dentro sono molto confusi, io che sorrido, ringrazio per i complimenti, prometto che ci penserò e stringo loro le mani, io che esco e prendo il mio giubbotto e la borsa, faccio alla mamma cenno di uscire, noi che attraversiamo il corridoio e poi...Appena uscita sono stata accolta dal freddo, gelido e penetrante che mi ha avvolta tutta e mi ha svegliata, mi ha detto che era vero, reale, concreto. Che per quanto io provassi ad auto convincermi che è stata tutta un'illusione, non potevo fuggire dalla realtà all'infinito. E così, piano piano, tutta quell'angoscia, che era diventata gioia, che era diventato fiume, è diventata lacrime...eh sì, proprio così, ho iniziato a piangere, così com'ero, per strada, fuori dalla sede di Intercultura, come una bambina piccola, e mia mamma mi ha abbracciata e non capiva se ero triste o ero felice....Pian piano ci siamo incamminate e pian piano le lacrime si sono fatte più rade e mi hanno permesso di parlare, e così, tra un singhiozzo e l'altro, ho detto a mia madre che avevo appena toccato la luna, che avevo vinto l'Oscar, X-factor, il Nobel. Che non ero mai stata così felice e soddisfatta di me stessa in tutta la mia vita. Perché c'era qualcuno, che credeva in me, davvero. Qualcuno che non mi aveva nemmeno mai vista, dopo cinque/ dieci minuti che mi sentiva parlare, aveva deciso che si fidava che puntava su di me. E io, ora che sapevo che ce la potevo fare, non potevo deluderli, non potevo, non io.
Mamma ha detto che per lei andava bene, che se mi impegnavo e recuperavo le materie a scuola, e lo volevo veramente per lei non c'erano problemi, e ne avrebbe parlato con papà.
Quando ormai le lacrime erano finite e del fiume ormai non restava che un letto vuoto, siamo arrivate a casa. E dopo aver comunicato alle mie amiche che è andato tutto bene, mi sono presa un po' di tempo per riflettere e per metabolizzare quello che mi è successo....
Oggi per me è stato un giorno veramente importante, perché oggi ho capito che ce la posso fare, che posso puntare più in alto, dove stanno i miei sogni per davvero. Ho capito che desidero qualcosa più di ogni altra al mondo e ho intenzione di dare il massimo per cercare di averla. E che, per la prima volta, so esattamente dove voglio arrivare, dove voglio andare. Che da oggi, so perfettamente cosa rispondere al Gatto di Alice nel paese delle meraviglie.

Per oggi è tutto,
Fennec Curioso

venerdì 20 febbraio 2015

Calcio d'inizio...


Daniel, quello che vedrai oggi non devi raccontarlo a nessuno. Neppure al tuo amico Tomas. A nessuno.” Ci aprì un ometto con la faccia da uccello rapace e i capelli d'argento. Il suo sguardo si posò su di me, impenetrabile. “Buongiorno, Isaac. Questo è mio figlio Daniel” disse mio padre. “Presto compirà undici anni, e un giorno manderà avanti il negozio. Ha l'età giusta per conoscere questo posto.” Isaac ci invitò a entrare con un lieve cenno del capo. Dall'atrio, immerso in una penombra azzurrina, si intravedevano uno scalone di marmo e un corridoio affrescato con figure di angeli e di creature fantastiche. Seguimmo il guardiano fino a un ampio salone circolare sovrastato da una cupola da cui scendevano lame di luce. Era un tempio tenebroso, un labirinto di ballatoi con scaffali altissimi zeppi di libri, un enorme alveare percorso da tunnel, scalinate, piattaforme e impalcature: una gigantesca biblioteca dalla geometria impossibile. Guardai mio padre a bocca aperta e lui mi sorrise ammiccando. “Benvenuto nel Cimitero dei Libri Dimenticati, Daniel."

tratto da L'ombra del vento, di Carlos Ruiz Zafon



“E sai qual'è la cosa più bella?” Scossi la testa in silenzio. “La tradizione vuole che chi viene qui per la prima volta deve scegliere un libro e adottarlo, impegnandosi a conservarlo per sempre, a mantenerlo vivo. È una promessa molto importante” spiegò mio padre. “Oggi tocca a te.” Mi aggirai in quel labirinto che odorava di carta vecchia, polvere e magia per una mezzora. Lasciai che la mia mano sfiorasse il dorso dei libri disposti in lunghe file, affidando la mia scelta al tatto. Tra titoli ormai illeggibili, scoloriti dal tempo, notai parole in lingue conosciute e in decine d'altre che non riuscivo a identificare. Vagai lungo gallerie e ballatoi a spirale riempiti da centinaia, migliaia di volumi che davano l'impressione di sapere di me molto più di quanto io sapessi di loro. Mi balenò in mente il pensiero che dietro ogni copertina si celasse un universo infinito da esplorare e che, fuori di lì, la gente sprecasse il tempo ascoltando partite di calcio e sceneggiati alla radio, paga della sua mediocrità. Non so dire se dipese da queste riflessioni, dal caso o dal suo parente nobile, il destino, ma in quell'istante ebbi la certezza di aver trovato il libro che avrei adottato, o meglio, il libro che avrebbe adottato me. Sporgeva timidamente da un ripiano, rilegato in pelle color vino, col titolo impresso sul dorso a caratteri dorati. Accarezzai quelle parole con la punta delle dita e le lessi in silenzio.
tratto da L'ombra del vento, di Carlos Ruiz Zafon

Un segnalibro che ho disegnato io
durante alcune lezioni non troppo
entusiasmanti: questo è un motto
che tutti dovrebbero tener presente
e adottare nella loro vita:
"Carpe diem..."
Cogli l'attimo, fai quello che
ti piace e ti appassiona, non
sprecare il tuo tempo!!
 Per Bastiano Baldassarre Bucci la passione erano i libri. Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo; chi non hai mai letto sotto le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile, perché altrimenti il papà o la mamma o qualche altra persona si sarebbero preoccupati di spegnere il lume per la buona ragione ch’era ora di dormire, dal momento che l’indomani mattina bisognava alzarsi presto; chi non ha mai versato, apertamente o in segreto, amare lacrime perché una storia meravigliosa era finita ed era venuto il momento di dire addio a tanti personaggi con i quali si erano vissute tante straordinarie avventure, a creature che si era imparato ad amare e ammirare, per le quali si era temuto e sperato e senza le quali d’improvviso la vita pareva così vuota e priva di interesse; chi non conosce tutto questo per sua personale esperienza, costui molto probabilmente non potrà comprendere ciò che fece allora Bastiano.

tratto da La storia infinita, di Michael Ende


Mi piacerebbe sapere”, mormorò fra sé, “che diavolo c’è in un libro fintanto che è chiuso. Naturalmente ci sono dentro soltanto le lettere stampate sulla carta, però qualche cosa ci deve pur essere dentro, perché nel momento in cui si comincia a sfogliarlo, subito c’è lì di colpo una storia tutta intera. Ci sono personaggi che io non conosco ancora e ci sono tutte le possibili avventure e gesta e battaglie, e qualche volta ci sono delle tempeste di mare oppure si arriva in paesi e città lontani. Tutte queste cose in qualche modo sono già nel libro. Per viverle bisogna leggerlo, questo è chiaro. Ma dentro ci sono fin da prima. Vorrei proprio sapere come.”
tratto da La storia infinita, di Michael Ende

Wow! Già, questo è quello che ho detto io leggendo questi testi...ero lì sul letto di camera mia che, come sempre stavo leggendo un libro, con la luce che fa capolino tra le persiane della finestra e gioca a rincorrersi con le ombre sul pavimento in legno, ero lì, come tante altre volte, con un libro in mano, ma non sapevo che fosse un libro speciale, che avrebbe cambiato la mia vita...e invece questi libri (assieme a molti altri) l'hanno fatto! Ma la cosa più strabiliante e stravolgente di questi due libri è che sono gli unici al mondo (che io abbia mai letto, e ho solo 16 e qualche mese, quindi sicuramente ce ne saranno altri!!) che sono riusciti a descrivere perfettamente le sensazioni che provo io quando entro in una biblioteca o in una libreria, quando poi, aggirandomi tra gli scaffali, il libro mi sorride (o a volte mi guarda impertinente), mi chiama e io...io non so resistere (proprio come Daniel nel libro di Zafon). Poi lo porto a casa e lo divoro in pochi giorni, mostrando gli stessi identici sintomi e le stesse identiche emozioni che descrive Ende nella Storia infinita.


Il calcio d'inizio è il titolo del primo libro di una lunga serie,
chiamata GOL! e scritta da Luigi Garlando. Ho scelto di usare
questo stesso titolo per il mio primo post, perché questo
libro parla di dei ragazzi che si riuniscono per coltivare
la loro passione per il calcio e inseguire quindi il loro
sogno, cosa che sto cercando di fare anche con il mio!   
Tutto questo per cosa?! Per dirvi che spesso, la nostra vita, monotona e basata sulle abitudini quotidiane, viene sconvolta (nel bene e nel male) da un piccolo evento nucleare. Un evento casuale, che non ti aspettavi, e che non puoi prevedere, il cosiddetto Cigno Nero (così viene chiamato questo fenomeno nel saggio omonimo dell'economista Taleb). Beh questo evento è stato per me quel qualcosa che mi ha dato la spinta, il via, l'input, l'idea, la spronata, insomma, il calcio d'inizio, di cui avevo bisogno per iniziare a scrivere questo blog.

Perché per scrivere un blog non basta amare qualcosa o avere degli hobby-come per esempio, i libri, la scrittura, il cinema, la poesia, la musica, l'arte...-ma bisogna avere qualcosa di più: qualcosa da dire. Ed io, fino ad ora, fino a quell'istante brevissimo ma intenso, fino a quel fantomatico Cigno nero, non ce l'avevo. Ma ora sì, ora mi ha dato il calcio d'inizio che stavo aspettando, oggi entro in campo e inizio a giocare la mia partita. Ci metto tutto, anima e corpo, in questo gioco, perché ho imparato (grazie sopratutto a molti libri e personaggi che mi hanno ispirata e aiutata) che nella vita, se non rischi, se non provi il tutto per tutto, se non cogli al volo le opportunità, resti in panchina.
Chi sono io? Mi piacerebbe rispondervi una importante, cool, alla moda, che conosce tutti, passa i sabati al BBK, al Touchè o al Kojak, che non sa chi scegliere perché è troppo contesa dai ragazzi....ma in realtà sono semplicemente una, una come voi, con la vita incasinata, i sogni e le aspettative di una normalissima adolescente; i complessi per i ragazzi che mi piacciono; i litigi e le chiacchierate fino a notte fonda con le amiche del cuore; un sacco di compiti da fare (e puntualmente pochissimo tempo per farli); la stessa vostra voglia di vivere che mi porta a divertirmi (serate passate a ballare a casa di un amico, o al ristorante, o al cinema). Una ragazza, come voi, alla quale è successa una cosa speciale e straordinaria, grazie a quel piccolo e apparentemente insignificante istante-Cigno Nero. Una ragazza che ha potuto lottare per realizzare un suo sogno, che ora - non riesco ancora a capacitarmi del come e del perché – diventerà realtà.
E ho iniziato questo blog proprio oggi, non ieri, non domani, perché dopo averlo saputo (che c'ero riuscita, che, per la prima volta nella mia vita, non sono stata solo abbastanza per qualcuno) ero talmente su di giri, talmente carica, che se qualcuno avesse acceso un fiammifero vicino a me, sarei esplosa come un barile di benzina...boom! Perché è da quel giorno c'è un fiume che scorre dentro di me, passa veloce, saettante, poi straripa e straborda, concima la terra, fa nascere da ogni parte piante e fiori, (scusatemi, ma mentre la scrivevo mi è venuta in mente anche la rima: “piante e fiori, gioie e amori” che però ho prontamente evitato di mettere nella versione "seria"....sì, lo so, a volte sono proprio patetica!). È da quel giorno che questo fiume vitale preme nelle mie vene per uscire, perché vuole urlarlo a qualcuno (che sono stata presa), ma non ad un qualcuno qualsiasi (a caso!), ma ad un qualcuno che lo possa capire, che possa comprendere quest'emozione forte e totalizzante che mi sta facendo provare, e siccome non ha trovato nessuno che fosse in grado di capirlo, tranne lui stesso, ha deciso di urlarlo al mondo.
 Quindi: CIAO MONDO!
Fennec Curioso 

Questo è un cucciolo di Fennec. Ma cos'è un fennec?!
Per rispondervi mi sono fatta aiutare da wikipedia:
 "Il fennec (Vulpes zerda) è
una piccola volpe
 che abita il deserto del Nordafrica (coste escluse),
 per questo viene spesso chiamato
volpe del deserto.
 E' il più piccolo canide del mondo, e pesa solo 1,5 kg.
Alto 30 cm al garrese, è lungo 40 cm. La coda è lunga 25 cm,
le orecchie possono raggiungere i 15 cm.
 Il colore del pelo gli permette di mimetizzarsi perfettamente nel deserto."
E cosa c'entra con me?!
Fennec Curioso è il totem che mi è stato assegnato agli scout,
durante l'ultima notte del mio primo campo, ed è per questo che ho
scelto di usare questo come pseudonimo e come titolo per il blog.